Stefano Leo, Yoan Leonardi e Stefania Crotti: le tre sentenze dell'estate che (forse) vi siete persi

«VOLEVO TOGLIERGLI IL FUTURO» - Era la mattina del 23 febbraio 2019 quando Said Mechaquat, un 28enne italiano di origini marocchine, si appostò nella zona dei Murazzi a Torino per uccidere qualcuno. «Volevo prendere un ragazzo, giovane quanto me, togliergli tutte le promesse di figli che avrebbe voluto fare, togliergli generazione che avrebbe pensato di fare, togliere l'amore ai suoi genitori» queste le dichiarazioni dell'indagato quando fu tratto in arresto dagli inquirenti a distanza di un mese dal delitto. In quella grigia mattina invernale Said si affiancò a Stefano Leo, un commesso 34enne alla K-way con trascorsi come tirocinante avvocato, durante la camminata lo superò e lo colpì violentemente alla gola con un coltello di ceramica comprato in un discount per l'occasione. Il caso fece molto scalpore e fu accostato all'omicidio di David Raggi, approdando anche nelle discussioni politiche. L'iter giudiziario, svolto con rito abbreviato, sembrava mettersi male per Mechaquat, soprattutto dopo una perizia fondamentale svolta dal professore e psichiatra forense Franco Freilone e dal collega Maurizio Desana, che lo giudicarono totalmente capace di intendere e di volere in antitesi a una consulenza per cui il ragazzo sarebbe stato affetto da un non ben specificato "forte disturbo di personalità" e giudicato quasi schizofrenico. In particolare gli esperti designati dal giudice furono colpiti dall'assenza di rimorso dell'imputato, pur evidenziandone una grave inaffettività, inoltre scartarono la possibilità che lo stesso sentisse delle voci come aveva sempre sostenuto.
Mechaquat è stato condannato in primo grado a 33 anni, ma la difesa ha già fatto sapere che ricorrerà in appello, in quanto l'assistito avrebbe confessato l'omicidio quando nessun elemento convergeva su di lui. Sembra anche che i legali vogliano puntare con più forza sull'insanità mentale di Said.

L'INSPIEGABILE OMICIDIO DI YOAN - Nella notte tra domenica 25 e lunedì 26 agosto 2019 a Campagnola di Comignago in provincia di Novara, il 23enne Alberto Pastore uccise con tre coltellate il suo amico Yoan Leonardi. Il dramma venne descritto da molti come "il tragico racconto di una generazione che vive sui social": molti rimarcarono come l'assassino, una volta compiuto il delitto, avesse scritto una delirante confessione su Facebook (dove peraltro si poteva forse intuire una punta di premeditazione), caricando in seguito anche un video su Instagram. Ma perché Pastore era arrivato a tanto? Nessuno è mai riuscito a spiegarlo o per lo meno questa informazione non è trapelata dal processo. Sulla base dei post dell'imputato sembra che il motivo fosse una ragazza contesa, ma il padre della vittima ha prontamente smentito: «Quello scritto non corrisponde alla verità. Yoan tentava di riallacciare la relazione tra Alberto e la sua fidanzata e siccome Alberto non ha ricevuto l'appoggio del suo migliore amico Yoan, lo ha ucciso con tre coltellate. Fa male leggere quello che non è. Yoan era fidanzato con un'altra ragazza, faceva da paciere tra i due e così è stato ammazzato a tradimento dal suo migliore amico. Lui non sapeva neanche che cos'era la violenza, era amato da tutti e tutti sapevano che era sempre disponibile».
A conferma che quest'omicidio fu "vissuto" sui social, a distanza di qualche giorno alcuni utenti di Facebook trovarono la presunta ragazza contesa e l'aggredirono virtualmente; situazione, oltre che incresciosa, anche piuttosto allarmante. La 19enne Sara in seguito rilasciò un'intervista al Corriere con cui negò di essere stata insieme a Yoan, affermò che Pastore era il suo ex e che rifiutava di essere stato lasciato, inoltre spiegò che proprio Yoan stava provando a farlo ragionare: «Si è convinto che tra noi ci fosse del tenero, ma non era così. Yoan era fidanzato e io facevo la mia vita. Se Yoan ha avuto una colpa è stata quella di cercare di aiutare Alberto: ogni suo gesto è stato mal interpretato. Secondo me c'è dell'altro. Non so cosa sia accaduto tra di loro, ma ho avuto la sensazione che Alberto odiasse Yoan da tempo e che la gelosia di oggi sia solo un pretesto per vendicarsi di qualcos'altro».
Pastore, processato anch'esso con rito abbreviato, è stato condannato in primo grado all'esigua pena di 14 anni e mezzo, il PM Giovanni Castellani aveva chiesto 17 anni di reclusione.

IL DELITTO DI GORLAGO - Il 17 gennaio 2019 a Gorlago (provincia di Bergamo) è avvenuto un omicidio dalle tinte fosche e a dir poco surreale: con la scusa di organizzare una festa a sorpresa per la 42enne Stefania Crotti a nome del marito Stefano Del Bello, la rivale in amore Chiara Alessandri (44 anni) la uccise con quattro martellate alla testa per poi dare fuoco al cadavere. Per raggiungere il luogo del delitto, ossia un garage, la vittima fu accompagnata da un amico della carnefice completamente inconsapevole di ciò che sarebbe successo: Stefania fu lasciata con gli occhi bendati sul luogo della mattanza senza che l'uomo si avvedesse di nulla, tanto che lo stesso lasciò il posto subito dopo, convinto che effettivamente ci sarebbe stata una festa. Dopo alcuni goffi tentativi della Alessandri di caricare il corpo sui sedili posteriori della sua Mercedes Classe B, la donna decise di metterlo nel bagagliaio. Da lì altri passi falsi: alle 15:35 alcune telecamere la ripresero nei pressi della zona boschiva di Adro, lì bruciò il cadavere e si liberò del martello e di una tenaglia. Alle 18:59, una volta raggiunta Gorlago, Chiara si dimenticò di spegnere il cellulare della vittima che agganciò tutte le celle telefoniche del ritorno a casa, praticamente "mappando" l'intero percorso; solo alle 19:38 decise di sbarazzarsene gettandolo nel gretto del fiume Cherio. La Alessandri si rese protagonista anche di una messinscena farsesca con cui cercò di simulare una fuga d'amore della rivale.
Anche questo caso fece molto discutere per via della dinamica dell'omicidio e della sua presunta preparazione: Chiara dal carcere di Brescia e durante il processo negò sempre fermamente di avere dato fuoco a Stefania e provò a spiegare la tragedia parlando di lite degenerata, tuttavia nella sua auto fu trovata una tanica di benzina.
Secondo gli inquirenti coordinati dal PM Teodoro Catananti, la Alessandri era innamorata di Del Bello, col quale aveva avuto una relazione da marzo ad agosto 2018, l'uomo però si stava riavvicinando alla moglie Stefania e quindi il movente non poteva che essere passionale. I coniugi stavano facendo terapia di coppia e durante una famosa puntata di "Quarto Grado" il criminologo Massimo Picozzi ha ipotizzato che la vittima fosse caduta nella tela della carnefice proprio perché credeva che la festa avrebbe fatto parte della suddetta terapia.
Anche la Alessandri ha potuto beneficiare del rito abbreviato ed è stata condannata in primo grado a 30 anni, sentenza definita da Stefano Del Bello «vergognosa».

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Autore: Davide Ronca

Dottore in giurisprudenza con un master in scienze forensi e uno in scienze criminologiche. Giornalista dal 2007, è da sempre attivissimo sul web per portare un'informazione di qualità.